L'editorialedi Luca Martorelli |
Gli automatismi. |
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Nonostante ormai i tanti anni di esperienza e le non poche primavere trascorse, ancora oggi la cosa che più mi entusiasma e mi soddisfa nello sport è l'apprendimento di nuovi automatismi. Quella particolare magia che fa nascere dal nulla qualcosa di efficace, efficiente, bello e spontaneo, che un giorno inaspettatamente accade durante una gara.
Almeno altri tre aspetti devono essere presi in considerazione al fine di creare un corretto ed efficace automatismo:
E quindi? Si passa pertanto alla seconda fase di apprendimento, il pugno diretto perfettamente automatizzato in un contesto standard, adesso necessità di ulteriori automatismi in contesti differenti: in fase di attacco, di difesa, in uscita laterale, in uscita diagonale, in contrattacco da un calcio, in contrattacco da un pugno, ecc. ecc. fino all'infinito! Sì, perché le variabili in uno sport di situazione sono quasi infinite, ed ogni variabile rappresenta un diverso automatismo. Badate bene, non una diversa tecnica, ma un diverso contesto di applicazione della stessa tecnica, quindi un diverso automatismo che deve essere creato. Per intenderci, se sono molto bravo ed efficace nel fare un passo avanti e tirare un pugno diretto a bersaglio, non lo sono altrettanto se devo fare la stessa tecnica abbinata ad un passo indietro, a meno che non ho allenato bene anche il secondo automatismo. È chiaro che non sono cose che si possono improvvisare in combattimento, o l'automatismo esiste, oppure sono fottuto! Ovviamente, l'atleta non può e non deve creare tutti i possibili automatismi del mondo, ma si dovranno selezionare quelli più frequenti, solitamente più efficaci, e soprattutto più adatti alle caratteristiche dell'atleta stesso. La velocità di esecuzione, ad esempio, è un parametro molto importante. Se apprendo un movimento in modo lento e poi questo diventa un automatismo, la lentezza sarà parte integrante di quel movimento, quindi lo eseguirò sempre in maniera lenta quando l'automatismo scatta. È quindi fondamentale, fatta eccezione per le prime fasi di apprendimento, che l'assimilazione del movimento avvenga alla corretta velocità, cioè quella di gara.
Diverse volte mi è capitato di assistere a situazioni in cui il coach dall'angolo incita il suo atleta nel fare determinate cose: "tira i colpi più veloci!", "sposta a destra e tira il diretto destro!", "blocca il lowkick e calcia con la stessa gamba!", ecc. ecc. La domanda che bisognerebbe porsi in questi casi è: siamo sicuri che le richieste che stiamo facendo al nostro atleta rientrino fra gli schemi automatici da lui già acquisiti? Perchè se ci illudiamo che un atleta in gara, sotto stress, e magari in svantaggio rispetto all'avversario, possa essere in grado di applicare delle indicazioni tattiche non supportate dai giusti automatismi, già allenati e acquisiti, beh, è certo che stiamo perdendo tempo! Anche ammesso che riuscirà a farlo, l'azione risulterà sicuramente lenta e poco precisa, perché come spiegato in precedenza, un movimento volontario è molto più lento di uno automatico, e può funzionare solamente con un avversario che è nettamente inferiore o più lento del nostro atleta. Ultima considerazione, creare automatismi non significa creare degli automi (persone prive di volontà che compiono azioni meccanicamente), bensì, dare la più ampia gamma di possibili risposte automatiche a situazioni di gara, che regaleranno all'atleta la possibilità di abbattere il carico cognitivo sui propri movimenti, con l'obiettivo di spostare l'attenzione principale sull'avversario. Più l'età dell'atleta è giovane, più la gamma di apprendimenti deve essere ampia e meno specializzata possibile. Quel giovane atleta, da grande, se vorrà continuare, sarà certamente un grande atleta! |






