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L'editoriale

di Luca Martorelli

Funzionale a cosa?


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Il termine funzionale, sta ad indicare qualcosa di "adatto a", "utile per", quindi esprime caratteristiche di compatibilità con l'argomento che si prende in esame.
Nel caso dell'allenamento, oggi questo termine è molto di moda e sembra chissà di quale innovazione si tratti, apparentemente un'invenzione dell'epoca moderna che fa miracoli sulla preparazione atletica.
In verità, si tratta della scoperta dell'acqua calda, in quanto certi concetti, che oggi vengono decantati nell'allenamento Funzionale, sono stati sempre validi e soprattutto praticati negli ambiti sportivi e anche militari, dove l'obiettivo è sempre stato la prestazione e non l'estetica fine a se stessa.
Purtroppo al giorno d'oggi solo ciò che produce guadagno viene preso in considerazione e diffuso, spesso con pubblicità ingannevoli, utilizzo improprio di esercizi e attrezzature; una continua corsa alla ricerca del "nuovo", per poter applicare la propria etichetta e poi vendere corsi e attrezzature, con conseguenze spiacevoli nella salute e nei risultati per i clienti mal capitati.
Negli ultimi trenta anni abbiamo assistito al susseguirsi di continue mode nelle palestre o sulle riviste di settore che hanno spaziato dall'Aerobica, al Body Building, al Cardio fitness, la Gym music, il Body Pump, l'Aeroboxe e via dicendo fino, appunto, all'attuale Funzionale.
Anche l'uso degli attrezzi è conseguenza di mode, che guarda caso non inventano mai nulla di nuovo, ma semplicemente si rivendono, sotto nuove vesti, conoscenze e strumenti "vecchi come il cucco"!
La bodybar non è altro che la versione moderna del bastone Jagger, inventato nell'ottocento a scopo di addestramento militare. I ceppi, o appoggi, Baumann, sempre del XIX secolo, oggi tornati in voga con il funzionale. La fitball corrisponde al pallone svizzero (Klein) inventato già dagli anni '60 del novecento. I kettlebell di oggi, esistevano già dal 1700 in Russia e addirittura un attrezzo simile nell'antica Grecia. Rincorrere queste false innovazioni determina confusione e disorientamento da parte degli addetti ai lavori: istruttori, preparatori atletici, personal trainer e così via. Una marea di informazioni, molte delle quali inesatte e superficiali, che andrebbero esaminate con cognizione di causa alla luce delle opportune conoscenze scientifiche, capendo cosa c'è di vero alla base, per poi applicare esercizi e metodi in modo appropriato ai vari contesti.
Il fitness, cioè l'attività che si svolge in palestra per stare in salute, purtroppo è quello maggiormente soggetto a mode perchè più diffuso alla massa, assoggettato a regole commerciali e a frasi d'effetto come: "ottenere addominali scolpiti in 10 minuti!".
Estraniandosi da queste logiche, gli operatori del settore seri e preparati hanno proseguito per la loro strada, continuando a portare avanti certi principi da sempre validi, alla base di tutto, pur aggiornandosi e documentandosi sulle nuove scoperte della scienza dello sport e del benessere. In questa ottica l'allenamento funzionale risulta fondamentale, anzi, direi che è l'unico allenamento possibile per qualunque obiettivo: salute, estetica o prestazione sportiva che sia. Personalmente ritengo che la vera essenza di quello che facciamo e siamo sta nelle nostre origini, più ci distacchiamo da queste, più ci allontaniamo da ciò che è utile ed efficace. Lavorare con macchinari ultramoderni e sofisticati ci allontana dal lanciare sassi, sollevare e spingere pietre, correre, arrampicarsi, nuotare e tutto ciò che risulta più naturale, quindi funzionale per l'essere umano.
A questo punto, però, bisogna fare attenzione ad identificare con esattezza cosa si intende per funzionale. Prendere in mano un sacco di sabbia e farlo roteare intorno al corpo, oppure sollevare per tre minuti due kettlebell, o prendere a martellate un pneumatico, non si traducono necessariamente in allenamento funzionale, ma spesso solo in un'enorme fatica. Non è la fatica il metro di valutazione del nostro allenamento, bensì l'efficacia e l'attinenza. Questo deve essere chiaro.
Innanzi tutto bisogna definire l'obiettivo. Per poter affermare che un allenamento è funzionale a qualcosa, bisogna sapere quel "qualcosa" in cosa consiste, quindi la specificità. Un esercizio potrebbe essere funzionale per l'addestramento militare, ma non per la preparazione di un pallavolista. Utile per un saltatore in alto, ma non attinente per una casalinga. Inoltre, come accennato anche prima, la funzionalità non deve essere legata ad un attrezzo ma al metodo con cui si impiega lo stesso. Un manubrio è sempre un manubrio, un semplice mezzo di allenamento, se lo sollevo per un minuto di seguito, ottengo un allenamento funzionale per la forza resistente, se lo faccio per dieci secondi con la giusta velocità, diventa invece funzionale per la forza esplosiva. Di conseguenza, se devo allenare l'esplosività non devo sollevare manubri o kettlebell per un minuto consecutivo, perchè sto usando il metodo sbagliato. A prescindere quindi dall'attrezzo, è il metodo che rende l'esercizio funzionale. Capire questo è fondamentale per non cadere nella trappola delle mode.
Troppo spesso si vede nelle palestre un approccio sbagliato, in cui l'insegnante parte dall'idea di utilizzare un attrezzo per fare la lezione di Funzionale, in base al quale poi stabilisce l'esercizio da svolgere, senza scegliere un metodo ben preciso e spesso avendo anche un'idea vaga sull'obiettivo. Questo purtroppo è il modus operandi di chi superficialmente si appresta ad insegnare qualcosa tentando di scimmiottare movimenti appena appresi durante un corso nel fine settimana.
Un approccio costruttivo deve invece partire dall'obiettivo che si vuole perseguire e da questo definire a cascata: il metodo adeguato per l'obiettivo, l'esercizio idoneo per applicare quel metodo, l'attrezzo appropriato per l'esercizio scelto.
Oltre alla specificità, per essere funzionale, un movimento deve avere le seguenti caratteristiche principali:

  • complesso;
  • con necessità di stabilizzazione;
  • con medio/alta difficoltà coordinativa;
  • con azione su più piani.
Complesso è sinonimo di multiarticolare, cioè che coinvolge una molteplicità di articolazioni e quindi di gruppi muscolari. Ogni movimento naturale nel quotidiano, è complesso, ma anche ogni movimento sportivo lo è. I gesti più efficaci ed economici sono sempre quelli complessi, perchè distribuiscono il carico/lavoro su più muscoli e su più articolazioni. Pertanto, se lo scopo è la funzionalità, non si può prescindere da questa caratteristica.
Anche la necessità di stabilizzazione è un punto fondamentale, perchè attiva tutte quelle strutture di sostegno antigravitarie che danno al corpo una base solida e affidabile da cui far partire tutte le azioni motorie, da quelle più semplici a quelle più complesse.
I muscoli stabilizzatori sono tanti ed il loro intervento cambia a seconda del movimento e delle posture, con l'obiettivo di rendere la vita facile agli altri gruppi muscolari, dinamici, che si occupano invece dell'esecuzione motoria vera e propria. Spesso l'attenzione si sofferma sui muscoli dinamici, perchè apparentemente più visibili, ma in realtà, la vera forza e precisione dei movimenti è assicurata da quelli stabilizzatori, sono loro che fanno il "lavoro sporco". Il "core" è proprio un punto cruciale per la stabilizzazione e ad esso è legato anche il concetto di allenamento propriocettivo.
Anche la cuffia dei rotatori è un settore di stabilizzazione, infatti, molti infortuni a carico di questi muscoli, derivano proprio dall'uso sbagliato di certi esercizi, che escludono l'intervento di questo gruppo con conseguente indebolimento progressivo. Alla prima occasione di elevato stress, nell'esecuzione di un movimento naturale in cui la cuffia dei rotatori è chiamata ad agire, questi si lesionano. Allenarsi in un multy-power ad esempio, piuttosto che con un bilanciere libero, è il classico esempio di annullamento del lavoro degli stabilizzatori. Essendo il bilanciere vincolato e guidato in un binario, l'azione muscolare è finalizzata alla sola spinta di questo verso l'alto senza alcuna necessità di controllo.
Altro punto focale di stabilizzazione è la caviglia, quindi il piede, su cui poggiano tutte le strutture sovrastanti, deputato a mantenere l'equilibrio statico e dinamico e a fungere da ammortizzatore in tutte le azioni che si svolgono in stazione eretta. Il moderno uso delle calzature e l'abitudine a camminare su pavimenti sempre piatti, ha determinato il deallenamento cronico delle strutture del piede. Questo, inoltre, può essere ulteriormente aggravato a seguito di infortuni al piede o di immobilizzazioni temporanee dell'arto inferiore. A questo proposito, tutti gli esercizi propriocettivi eseguiti in stazione eretta sono utili per invertire la tendenza, migliorando lo stato di salute e garantendo prestazioni atletiche migliori e meno soggette a lesioni.
La componente coordinativa concorre alla funzionalità di un esercizio anche come conseguenza delle prime due caratteristiche sopra descritte. Un movimento complesso che richiede stabilizzazione, necessariamente implica delle abilità coordinative, che possono essere più o meno marcate a seconda della difficoltà dell'esercizio. Questo non significa che per svolgere un allenamento funzionale bisogna fare il funambolo, anche delle semplici andature in affondo, combinate con delle torsioni con pallone zavorrato, ad esempio, rappresentano un efficace esercizio funzionale, pur se di medio/bassa entità coordinativa.
Infine, l'aspetto dell'azione su più piani corporei (vedi figura accanto). Alcuni autori la reputano imprescindibile, senza di questa il movimento non può essere definito funzionale. Personalmente invece la penso in modo diverso. Di certo, compiere correttamente un movimento che si svolge su più piani, implica maggiore complessità, coordinazione e stabilizzazione, quindi ipoteticamente risulterebbe altamente funzionale. Non dimentichiamoci però che la funzionalità si riferisce anche all'obiettivo, quindi la domanda da porsi è: quel movimento è efficace per il mio obiettivo? Riproduce in maniera totale o parziale il movimento reale o sportivo a cui sto puntando? E soprattutto, allena le catene cinetiche pertinenti alla mia disciplina? Se la risposta è no, allora il fatto di avere tutte e 4 le caratteristiche non rende quell'esercizio funzionale per me, perchè manca di specificità. Un esercizio apparentemente funzionale, se messo nel contesto sbagliato perde di significato. La corsa, ad esempio, uno degli esercizi più funzionali per l'essere umano, se viene applicata alla preparazione di un nuotatore perde di significato, perchè non più specifico per quel contesto, a meno che, quell'atleta non abbia necessità di recuperare alcune funzionalità di base a seguito di infortuni o problemi di salute, ma questo è un altro aspetto e va considerato come recupero funzionale.
Al contrario, invece, esistono molti esercizi che pur agendo su un solo piano, risultano essere altamente funzionali, alcuni dei quali li vedremo più avanti in questo capitolo.
Non si deve ragionare sulla base di quali gruppi muscolari devo allenare: pettorali, bicipiti, tricipiti, quadricipiti. Accantonate questa mentalità e parlate solo di movimenti e funzioni.
Solo qualche mese fa mi è capitato in palestra, mentre eseguivo delle trazioni al Trx, che un ragazzo mi facesse questa domanda:"A cosa serve questo esercizio, al dorso?". Non ho potuto fare a meno di sorridere e proseguire il mio allenamento. Sarebbero servite un paio di ore di spiegazione e la proiezione di qualche slide probabilmente, per riuscire a sradicare una mentalità acquisita in venti anni di palestra, facendogli capire che non è una questione di dorso o di petto, ma di un esercizio che allena la funzione di trazione degli arti superiori, con l'adeguata postura e preventiva preparazione del core. Elaborazione un po' complicata per chi ragiona ancora come nei libri di Joe Weider.
Un movimento complesso fa intervenire decine di gruppi muscolari, quindi ne allena tanti in un unico esercizio. Questo comporta una completa efficacia ed efficienza nei risultati, nonchè un risparmio di tempo impiegato nell'allenamento. Perchè allenare tutti i "pezzi" separatamente, quando posso farlo in un'unica volta? Oltretutto, quei "pezzi" sono abituati, per natura, ad agire contemporaneamente, quindi non faccio altro che assecondare ciò che è più spontaneo e quindi più efficace.

Tratto dal libro:
"Esercizi atletici per sport e fitness" di Luca Martorelli, Hoepli - 2015

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